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Nella seconda metà degli anni'70, la parabola ascendente dello sviluppo urbano e industriale della città si interrompe: è il momento in cui si rende visibile l'entrata in crisi del modello socioeconomico della città-fabbrica. Diversi importanti stabilimenti cominciano a chiudere, lasciando senza una funzione porzioni enormi di suoli produttivi in aree centrali del tessuto urbano.




La sospensione della produzione al Lingotto nel 1982 rappresenta un punto di svolta significativo per Torino, la chiusura di un ciclo e l'apertura di una nuova stagione di lavoro sulla città. La rifunzionalizzazione del manufatto industriale durerà vent'anni, e anticiperà per molti versi le tante traiettorie del processo di ripensamento della città.


A partire dai primi anni '90 si pongono le basi e si costruiscono gli strumentiper la definizione di una nuovaidea di sviluppo urbano. Siimmagina una Torino europea, competitiva e innovativa, orientata verso un'economia della conoscenza, interessata a recuperare la propria dimensione culturale e sociale, e impegnata in una profonda ridefinizione della propria organizzazione fisica.





Il PRG è uno degli strumenti che più da vicino accompagnano la transizione postfordista della città, ridefinendone principalmente gli assetti fisici. Si interviene attraverso alcune strategie chiave - il recupero della città storica, il riuso delle aree industriali e la riorganizzazione infrastrutturale -, e alcune grandi progettualità - la Spina Centrale, corso Marche e l'asse del Po.




Dal 1998 a Torino si lavora sulla costruzione del Piano strategico, un programma nel quale si fissano gli obiettivi di sviluppo per il futuro e si indicano i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungerli nel tempo. Giunto ormai alla sua terza edizione, il Piano Strategico ha operato aggregando gli attori locali nella costruzione di visioni ed interpretazioni condivise del cambiamento.




Cambiano i modi e le forme dell'azione di trasformazione della città, e a partire dalla fine degli anni 90 si avvia l'esperienza dei Progetti Speciali. Si tratta di politiche urbane integrate ed intersettoriali dedicate a questioni specifiche: in particolare, ci si occuperà di lavorare sulla comunicazione pubblica e sulla rigenerazione di alcune tra le aree più fragili della città.





I programmi europei di recupero urbano hanno avuto un ruolo cruciale nel processo di trasformazione della città, mettendo a disposizione dell'amministrazione risorse finanziarie importanti per lo sviluppo di azioni integrate di rigenerazione urbana. Tra le tematiche al centro la riqualificazione fisica degli spazi ma anche la dimensione socioeconomica e lo sviluppo locale.



Un capitolo importante della storia urbana recente di Torino riguarda i grandi eventi, e gli effetti che hanno saputo generare sul sistema locale a livello economico, fisico e sociale. Eventi come le Olimpiadi invernali del 2006 e il Centocinquantenario dell'Unità d'Italia hanno contribuito a modificare la percezione della città da parte degli stessi abitanti, oltre da parte di visitatori e i turisti.



La riconfigurazione dell’assetto urbano e territoriale di Torino si fonda sul rafforzamento del suo grande telaio infrastrutturale a scala metropolitana, l’anello tangenziale realizzato sul finire degli anni sessanta, connesso ai principali assi di accesso e attraversamento della città. Di questi, la Spina centrale è la nuova dorsale urbana, che coprendo il piano del ferro preesistente attraversa Torino da nord a sudper 10 km, ricucendo parti di città divise per decenni.




Il sistema infrastrutturale torinese ha la sua dorsale nel passante ferroviario, la linea interrata che per 13 km - di cui oltre 8 in galleria - taglia la città da nord a sud. Funzionale al potenziamento del nodo torinese, e alla implementazione di importanti progetti infrastrutturali come il Sistema Ferroviario Metropolitano e l’alta capacità e velocità ferroviaria Torino-Lione, il passante individua nella nuova stazione di Torino Porta Susa il suo principale hub.




L'apertura del passante nel 2012 ha permesso l'entrata in funzione del Sistema Ferroviario Metropolitano, servizio regionale organizzato attorno a 8 linee e 93 stazioni, che a Torino è accessibile da cinque stazioni urbane (Lingotto, Porta Susa, Porta Nuova, RebaudengoFossata, Stura). L’obiettivo del progetto è incentivare la mobilità a medio e corto raggio, agevolando l’interscambio tra diverse linee e differenti sistemi di trasporto.


Con la realizzazione della prima linea della metropolitana, Torino ha aggiunto un importante tassello nelle strategie per la mobilità sostenibile urbana e territoriale. Prima metropolitana automatica d’Italia, quella torinese corre dalla stazione Bengasi (in corso di realizzazione) a Collegno. è in corso la progettazione della seconda linea, che collegherà la zona nord con quella sud di Torino.









La nuova identità postindustriale di Torino parte dalle piazze del centro: molte di queste nel corso degli anni novanta vengono pedonalizzate e restaurate. La riqualificazione degli spazi pubblici è la prima mossa per iniziare a costruirne un’immagine di città di cultura e d’arte. Allo stesso tempo, alla pedonalizzazione di strade e piazze corrisponde la realizzazione di numerosi parcheggi sotterranei nel centro cittadino.





La riqualificazione dello spazio pubblico passa anche per la progettazione di collegamenti pedonali che dialoghino con elementi del paesaggio. Passerelle che collegano sponde del Po o della Dora (quest’ultima in fase di riscoperta dopo decenni di uso a scopi industriali), oppure quartieri cittadini a lungo divisi dalla ferrovia, dove le Olimpiadi lasciano un segno indelebile. O ancora, sistemi di risalita meccanizzati per connettere un castello al suo antico borgo.


Zona a traffico limitato, la rete di piste ciclabili, bike e car sharing, il Biglietto Integrato Piemonte: sono alcuni tra i numerosi strumenti messi in campo per implementare il progetto di mobilità sostenibile nell’area metropolitana torinese, che punta al miglioramento dell’accessibilità alle diverse funzioni urbane, oltre alla riduzione dell’inquinamento e della congestione.














Nel 1984 l’inaugurazione del Museo d’Arte Contemporanea nel restaurato Castello di Rivoli segna l’inizio di un percorso decisivo per la ridefinizione dell’identità di Torino: da ville industrielle a città di cultura e turismo. In questo senso, il restauro e il riuso dei grandi cantieri barocchi e ottocenteschi come contenitori di cultura è carattere peculiare della trasformazione torinese.









La progressiva dismissione di molti edifici industriali tra anni ’80 e ’90 mette a disposizione della città un ampio e inatteso patrimonio che si rivela strategico nella costruzione di Torino come città produttrice di cultura. Nuovi luoghi per dare spazio alla ricerca e alla diffusione dell’arte contemporanea, del teatro, della danza, portando nuova linfa in zone che a lungo hanno vissuto con i ritmi della fabbrica.



Il mutamento dell’immagine urbana di Torino è occasione per alcune istituzioni culturali per rinnovare il proprio volto, dando luogo a ripensamenti radicali delle proprie sedi. è il caso del cinema Astra, che diventa laboratorio teatrale per il Teatro Europeo secondo un intervento architettonico di “archeologia al contrario”, e del Museo Nazionale dell’Automobile, che viene recuperato e ampliato con un raffinato progetto di riqualificazione.






Le strutture dedicate all’educazione, i servizi per l’infanzia, quelli sanitari e assistenziali, sono tra i molti interventi pensati per inserirsi agilmente nel tessuto urbano e rispondere in modo funzionale alla domanda di servizi primari. Gli interventi realizzati negli ultimi 20 anni sono anche occasioni utili per sperimentare linguaggi architettonici che coniughino funzionalità e accoglienza.







I XX Giochi Olimpici Invernali del 2006 sono una grande occasione per accelerare processi di trasformazione urbana già in atto, ma anche per dotare Torino di nuovi impianti sportivi per incentivare discipline olimpiche (il pattinaggio su ghiaccio) o per adeguare quelli esistenti alle nuove norme di sicurezza (lo Stadio Comunale, poi Olimpico), o ancora per ospitare grandi eventi (il Palaolimpico).






La disponibilità di aree dismesse offre l’opportunità di realizzare anche nuove chiese: la Diocesi torinese decide di edificare a Spina 3 la chiesa del Santo Volto e gli uffici della Curia, il SERMIG di costruirne una dentro l’ex arsenale militare. Anche gli spazi di risulta ai bordi della città sono preziosi, come dimostra la costruzione della chiesa ortodossa romena su terreni un tempo usati per lo stoccaggio dei carburanti.






Negli ultimi 20 anni i grandi servizi realizzati per la collettività riguardano principalmente nuove modalità di distribuzione dell’energia e del calore e di smaltimento dei rifiuti: parola d’ordine è sostenibilità, risparmio energetico. La razionalizzazione e la concentrazione delle varie attività in un unico luogo sono perseguite dai privati come dagli enti pubblici, che scelgono di insediarsi in nuove torri “eco-friendly” su aree dismesse.

















La riqualificazione edilizia del centro storico, a partire da quella innescata nel Quadrilatero Romano tra anni ’70 e ’80, rende possibile l’investimento in nuove residenze e alberghi: operazioni di minimo impatto architettonico ma di grande risultato in termini di utilizzo pubblico. In altre zone, a un’iniziale idea di sostituzione radicale si affianca progressivamente quella di riuso, anche di fabbriche dismesse.


















Riuso o costruzione ex novo: anche nel caso del commercio e del terziario, il patrimonio industriale dismesso offre ampie opportunità, sia in termini di riqualificazione, sia di tabula rasa e nuova costruzione. Allo stesso tempo, nuovi complessi nascono in stretta connessione con le grandi infrastrutture: sono i centri commerciali prossimi alla tangenziale.








Torino città di cultura, ma anche di servizi, ricerca, terziario avanzato. Accanto alle nuove grandi sedi di rappresentanza, nuove forme di lavoro prendono forma in spazi dismessi: dal coworking a soluzioni che coniugano uffici, formazione e spazi aperti al quartiere.





















Dal 1993 il Comune di Torino lavora al recupero delle rive dei fiumi per realizzare un unico parco di 70 km, con una superficie di 17 milioni di metri quadrati. Questo sistema di fruizionecomplesso (percorsi pedonali, ciclabili, naturalistici, didattici) si combina con la tutela e la valorizzazionedelle peculiarità ambientali e paesaggistiche di ogni corso d'acqua.







Corona Verde è un progetto strategico di scala territoriale che intende connettere il sistema delle aree protette urbane e periurbane di area metropolitana, raccordandole con i parchi regionali e con il contesto agricolo e forestale delle valli pedemontane. L'iniziativa a regia regionale è tuttora in corso, e coinvolge 93 comuni coprendo un'area di 165.000 ettari.



Il sistema dei grandi grandi parchi urbani storici della città, e la rete più minuta di giardini ed aree verdi collocati nel tessutoconsolidato sono tra gli elementi basilari di struttura, connessione e ricucitura delle trame urbane. Il lavoro condotto negli anni su questo tipo di spazi ha provato a rafforzarne la dimensione paesaggistica, ed il valore collettivo di fruizione, uso ed identità.



La transizione postindustriale attraversata dalla città ha avuto esiti importanti anche dal punto di vista del recupero ambientale, con la resituzione alla collettività di oltre 50 ettari di aree a parco. Identità industriale, loisir e nuova fruzione degli spazi aperti sono le caratteristiche principali di Parco Dora, nell'area di Spina 3, e di Parco Aurelio Peccei, nell'area di Spina 4.


Dopo la completa cessazione delle attività della discarica nel 2009 è stato avviato il programma per la rinaturalizzazione dell'area. Il ripristino ambientale prevede la messa in sicurezza dei terreni, la ricostituzione della copertura vegetale e la riduzione dell'impatto visivo attraverso la creazione di barriere arboree lungo il perimetro.




Il rapporto tra agricoltura città si è modificato profondamente in questi ultimi anni. L'avvio di progetti ed azioni specifiche, come il TOCC/ Torino Città da Coltivare o come Miraorti, ha contribuito incentivare una gestione dell'agricoltura in territorio urbano che ne riconosca le valenze alimentari ma anche sociali, ambientali e di tutela del suolo.







Il Politecnico di Torino ha scelto di concentrare il proprio programma edilizio principalmente su due nuove sedi: la Cittadella Politecnica a Spina 2 e il nuovo Centro del Design a Mirafiori. L’Università degli Studi, invece, ha impostato un modello di Campus Urbano che si inserisce all’interno del tessuto della città in modo capillare, nell'area del centro storico e lungo l'asse del Po.





L'università e i suoi luoghi rappresentano uno dei principali motori dello sviluppo urbano futuro e della qualità della città. Il riuso di grandi contenitori, come ad esempio le arcate MOI e Torino Esposizioni, e la concentrazione di persone, funzioni, usi e servizi attorno ad alcune localizzazioni privilegiate sono i fuochi principali del programma"Torino Città Universitaria".





La riorganizzazione degli Atenei è andata di pari passo con una crescita quantitativa delle strutture residenziali universitarie presenti in città e nell’area metropolitana. I Giochi Olimpici Invernali del 2006 sono stati proficuamente utilizzati per aumentare il numero delle strutture, tramite la riconversione dei villaggi per la stampa e gli atleti.




Nell'arco dei prossimi anni dieci aree di proprietà pubblica verranno trasformate per accogliere la nuova residenzialità universitaria. Si tratterà di iniziative di carattere privato che avranno il compito di sviluppare servizi e residenze efficacemente inseriti nello spazio urbano, in contesti gradevoli e al contempo vivaci e dinamici, connessi ai luoghi di studio e di ricerca.
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